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Il fetore di quel laghetto d’acqua sporca si fece più intenso, mi pizzicò le naricette e mi svegliò da un bel sonnellino (Sono sempre stato un dormiglione). Cominciai ad agitarmi irrequieto e bussai alle pareti della pancia di mia madre, perché ero proprio stufetto di stare in quell’acquitrino maleolente. Mia madre si lamentò.
“Ahia… Ahia… Che dolore… Non ce la faccio più…”
“Spingete, signora. Spingete forte” disse la levatrice.
“Spingi, Maria. Spingi forte e respira forte” la esortò mia nonna Caterina che da qualche giorno s’era trasferita in casa nostra.
“Sto spingendo… Ahia… Sto… Ahia!…”
“Più forte, signora, più forte… Eh, non vuole proprio uscire questa creaturella… Si vede che sta bene dove sta e si mette paura di quello che troverà qua fuori”.
Uscii.
Dopo un po’ si sentì il fischio di famiglia. La nonna corse al balcone del nostro quarto piano e gridò: “È maschio!”
C’era mio padre giù che aveva chiesto trepidante: “Mammà, è maschio o femmina?”
Avuta la notizia, felice perché era quella che sperava, si avviò di corsa al Teatro San Carlo, dove si rappresentava il “Mefistofele” di Arrigo Boito. Arrivò ansante proprio mentre le luci si abbassavano per annunciare l’inizio del terzo atto. In quei pochi minuti, papà fece in tempo a comunicare ai colleghi dell’orchestra e al direttore che gli era nato il primo figlio e che era maschio!
Venni fuori sporco e puzzolente. La levatrice tagliò il cordone ombelicale. Nonna Caterina l’aiutò con una tale precisione e competenza che la levatrice, ammirata, le chiese: “Ma voi siete ostetrica?” Con la massima naturalezza rispose: “No, sono la nonna!” Poi prese un grosso bacile, lo riempì d’acqua e con una spugnona comprata per l’occasione mi lavò gli occhiettini. Mi guardai attorno. Vidi la nonna, vidi la levatrice, poi, come per soddisfare un’antica curiosità, guardai dalla parte donde ero uscito, e finalmente vidi mia madre!
Forse è una mia invenzione, forse è una “nuvola di passaggio”, forse è una fresca ventata di primavera, forse è il profumo di un fiore che qualcuno ha raccolto per me, ma io oggi voglio credere che mia madre e io aprimmo gli occhi nello stesso istante per cominciare a conoscerci, per cominciare ad amarci. Lei mi sorrise con struggente tenerezza. Io risposi, mostrandole due gengivette violacee, e le promisi in cuor mio che appena fossero comparsi solo due tre dentini, il primo sorriso della mia vita l’avrei dedicato a lei. La nonna mi asciugò, mi ricoprì di borotalco, mi infarinò il buchino del culino e i genitalini. Poi mi fasciò stretto stretto e mi pose delicatamente accanto a mia madre per la poppata.
E quella fu la prima volta che andai a letto con una donna.
Aldo a due anni
Stavo placidamente succhiando dal capezzolo di mia madre, quando arrivò papà.
“Piano, piano” gli comandò la nonna. “Cammina piano, parla piano”. Il poveruomo non aveva nemmeno fiatato. Nell’entrare in casa, si era addirittura tolto le scarpe per non far rumore. Tremando, si sdraiò accanto alla puerpera che stava dando latte al loro primogenito e sussurrò: “Per piacere, Maria, giralo, fammi vedere la faccina”. “Non lo può girare se no la creatura si stranisce. Fai una cosa, Maria, cambia la mammella, così, succhiando dall’altra parte, Vincenzino lo può vedere”. Mia madre fece così. Papà mi guardava incantato. “A chi somiglia, mammà?” “A Maria. Tale e quale. Del resto, si sa, i maschi matrizzano”. “Sì, sì, avete ragione: somiglia tale e quale a mamma sua. Sei contenta, Maria?” Lei non poté rispondere. Da quando aveva cominciato ad allattare suo figlio, da quando si era completato il rapporto di sangue, da quando aveva visto, toccato, sentito, odorato quell’esserino covato per nove mesi, dai suoi occhi un po’ velati erano cominciate a scendere lente, luminose, soavi, calde, trasparenti come gocce di cristallo, delle belle lacrimone liberatrici. Papà si tolse il fazzoletto dal taschino e gliele asciugò amorevolmente. Si morse le labbra per non piangere. Poi si rivolse a me: “Hai visto? Manco sei nato e già hai fatto piangere una donna!”
La mamma di Aldo, Maria
I genitori di Aldo,
Vincenzo e Maria
Rimasi figlio unico per circa tre anni e mezzo. Mia madre e io ci innamoravamo sempre più. Poi nacque Lidia. Dopo soli tredici mesi, arrivò Carlo. E dopo due anni e mezzo, Dora completò il quartetto. Mio padre prese l’abitudine di portarmi alle prove sia al San Carlo che alla Scarlatti, la sala dei concerti, trasmettendomi la passione per la musica. Da allora, la prova d’orchestra ha per me un’atmosfera ancora più magica dell’esecuzione. Perché, sentendo ripetere infinite volte certi passaggi, certi accordi, si arriva a provare sensazioni sconosciute che aprono la mente, il cuore, la fantasia. Capitò che innamorandomi della musica mi innamoravo anche di papà. Io conservo di lui un ricordo molto più vivo degli altri tre. Era un calabrese di discendenza normanna, coi capelli chiari, gli occhi verde-azzurro, alto e magro e dalla simpatia contagiosa. Ed era anche un grande tombeur de femmes.
Una polmonite se lo portò via all’improvviso a soli quarantasette anni. Era andato a fare un concerto in un prestigioso educandato femminile. Un salone pieno di gente, un caldo soffocante lo fece sudare. Alla fine del concerto, per andare a rimettersi gli abiti normali, dové attraversare un lungo corridoio ventilatissimo. Il sudore gli si gelò addosso. Tornò a casa battendo i denti con trentanove di febbre. Si mise a letto e non si alzò più.
Il papà di Aldo, Vincenzo
Per parecchi anni, mia madre fu molto corteggiata e spesso chiesta in moglie. Ma quei corteggiatori appena venivano a sapere che era vedova e madre di quattro bambini fra i dodici e i cinque anni, dicevano: “Scusi tanto” e scappavano. Fummo poveri per un bel po’ di tempo. Dopo la morte di mio padre, l’Amministrazione del Teatro San Carlo, da Ente Autonomo, divenne una società (ma di che tipo non saprei dirlo). Si dové fare una vertenza legale per ottenere una liquidazione. Mia madre, non potendosi permettere un avvocato, fece tutto da sola, riuscendo alla fine a far valere i suoi diritti. E con i complimenti del Pretore: almeno così si vantò con noi. Per tirarci su, girava da un ufficio all’altro, bussando a tante porte. Aveva avuto un lontano parente che era stato Prefetto di Napoli. Un Prefetto che aveva operato benissimo in quella città difficile e aveva lasciato un ottimo ricordo in tutti gli ambienti ufficiali. Sicché, dovunque lei si recasse, si faceva annunciare come la nipote del Prefetto Lozzi, il che le apriva tutte le porte. Quando, negli anni, ci raccontava quest’avventura, sorridendo diceva: “Come vedete, ho cominciato a recitare prima dei miei figli. Ed ero così brava, così convincente da mettere in soggezione i miei interlocutori!”
Io la conoscevo bene. Non era solo il Prefetto Lozzi che incuteva rispetto e soggezione. Era la sua personalità, la sua straripante simpatia...
Aldo con le sorelle, Dora e Lidia
Aldo con la sorella, Dora
La mia avventura nel mondo dello spettacolo comincia quando Napoli viene liberata dalle truppe americane: stazione radio compresa. Lì sono approdato leggendo che cercavano annunciatori. Mi sono presentato e mi hanno preso, portandomi con loro quando sono entrati a Roma. La notizia della fine della guerra l’ho data io, dai microfoni della Eiar. [P. Manzari - 50&PIÙ - 2002]
Insieme al concorso di speaker, avevo vinto anche quello per entrare in banca. Mia madre, che era una donna molto pratica, mi disse: “Fai quello che ti senti di fare”. E io scelsi lo spettacolo. [G. Boiano - Corriere del Mezzogiorno - 2004]
Fu un critico teatrale a presentarmi a Eduardo. Ebbi così nel 1947 la mia prima scrittura, una piccola parte nel film “Assunta Spina”con Anna Magnani. A novembre dello stesso anno, debuttai in teatro, al Piccinni di Bari in “Napoli Milionaria”. Da quel momento non mi sono più fermato. [M. Sarti - 50&PIÙ - 2010]
Io ho avuto tre maestri, tre stelle comete che mi hanno formato artisticamente. Eduardo De Filippo, che mi ha insegnato il mestiere, quello autentico fatto di tempi, di pause, di espressioni; Giorgio Strehler, che mi ha insegnato il rigore e Cesco Baseggio, che mi ha insegnato la semplicità con cui dominare lo strumento teatrale. Tutti e tre questi grandi insegnamenti sfociano nell’arte somma di Totò con il quale ho lavorato in dieci film. Totò è la luce delle luci.
[A. Maffei - Il corsivo - 1998]
Aldo con Anna Magnani in “Assunta Spina”
Aldo in “Napoli Milionaria”
Aldo con Totò in
“Il medico dei pazzi”
Visconti era senza dubbio un grande. Con la sua regia, ho interpretato “Le tre sorelle” di Čechov e “La locandiera” di Goldoni. Ma l’ambiente in cui si muoveva non era fatto per me. Troppo snob e distaccato. Intesa perfetta, invece, con due grandi attori di teatro: Andreina Pagnani e Renzo Ricci. Molte le soddisfazioni anche in televisione: da “Laura Storm” a “La figlia del capitano”, e nel cinema: da “Un turco napoletano” a “Guardie e ladri”, ma anche “Racconti romani”, “Questi fantasmi”, “Mi manda Picone” e “Ieri, oggi, domani”, che mi procurò una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista. [P. Manzari - 50&PIÙ - 2002]
Fra gli spettacoli teatrali, non dimentico il successo di “Questa sera si recita a soggetto” di Pirandello (che al Teatro Comunale di Bologna mi valse il Premio Nettuno d’Oro, un riconoscimento prestigioso perché assegnato esclusivamente dal pubblico) e “La fortuna con l’effe maiuscola”, di Armando Curcio e Eduardo De Filippo, un successo sbalorditivo che raggiunse quasi mille repliche. Questa commedia è anche il fiore all’occhiello del mio decennale sodalizio con mio fratello. [F. Puglia - Tele2 - 2005]
Ho vissuto da teatrante senza credere ai luoghi comuni né alle superstizioni. Non ho mai battuto il copione quando è caduto e ho sempre lasciato indossare il viola alle mie attrici. [G. Boiano - Corriere del Mezzogiorno - 2004]
Aldo in “Questa sera si recita a soggetto”
Aldo con il fratello Carlo in
“La Fortuna con la effe maiuscola”
La mia vita matrimoniale è stata vivace e a tratti tragica. Ho perso in un incidente stradale la mia seconda moglie, Liana, e ho fatto da padre e da madre a nostra figlia, Jessica, che allora aveva solo quindici anni. In due anni e mezzo ho perso anche mia madre e mezza laringe. Ma non mi sono mai arreso. [M. Sarti - 50&PIÙ - 2010]
Ho subìto un intervento di carcinoma spino cellulare della corda vocale sinistra. La mia voce è rimasta screziata perché non diedi il tempo alla nuova corda di irrobustirsi e di andare a regime. Ci ho lavorato sopra prima del tempo. Mi operai a giugno e debuttai a ottobre. Troppo presto. [A. Maffei - Il corsivo - 1998]
La malattia, comunque, non mi ha cambiato la vita. L’unica cosa che mi ha impedito veramente è il doppiaggio. In realtà mi è accaduto un miracolo. Temevo che la mia carriera fosse finita, invece, con grande volontà, sono andato avanti lo stesso. [E. Costantini - Corriere della Sera - 3 giugno 2007]
Ormai convivo benissimo con questa voce da quasi vent’anni. Non mi affatico, so respirare, so adoperare i tre registri vocali. Quello che la gente può credere, che cioè soffro durante il lavoro, non è vero. Sto molto bene così. [A. Maffei - Il corsivo - 1998]
Aldo in scena con la seconda moglie Liana Trouché
Aldo con la figlia Jessica
Dentro di me, sono uno zingaro a cui piace avere un approdo. Un luogo che ha valore perché lì si ritrova il calore degli affetti e quella stabilità che ho cominciato a inseguire dalla morte di mio padre. Eppure, la vita, questa stabilità, è come se si fosse divertita a negarmela. Forse ci sono arrivato ora, con Elena, la mia terza moglie.
Siamo insieme da quasi vent’anni, ma ci siamo sposati solo l’anno scorso in un paesino del Salento. Senza farlo sapere a nessuno. Sfuggiamo la mondanità, e i nostri valori sono quelli interiori. Non volevamo foto sui giornali e gli unici curiosi sono stati i vecchi del paese e i cani sciolti che passavano sulla piazza. Con lei, laureata in lingue con una tesi sul teatro francese del secondo impero, spero di aver costruito quella “casa” che ho inseguito per una vita; anche se da trent’anni vivo fra le stesse pareti. Ma la casa per me - essendo il luogo degli affetti - è quella del cuore. Ce la portiamo dentro e ci segue ovunque, come per le tartarughe. Se non c’è amore, la casa non esiste. [P. Manzari - 50&PIÙ - 2002]
Aldo con la moglie Elena
1994 - Aldo al “Maurizio Costanzo Show”
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Fondazione
Aldo Giuffré 2013
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