Lucia Lamarque - Il Mattino, 25 Gennaio 2000

Pirandello considerò «L'uomo, la bestia e la virtù» una «farsa tragica».

«Non deve sembrare una contraddizione, ma solo un invito - spiega Aldo Giuffrè oltre che interprete anche regista del lavoro del drammaturgo siciliano - a riflettere su come la farsa trae sempre spunto dalla tragedia e, come la tragedia, quando si riesce a disaminarla, quando si ha la possibilità culturale, morale, psicologica di individuarne le forzature, diventa farsa».

Franco Cordelli - Corriere della Sera, 7 Febbraio 2001

L'uomo la bestia e la virtù di Pirandello nella lettura di Aldo Giuffrè procede dalla tragedia alla farsa. Nelle due edizioni che ricordo, quella di Totò - Orson Welles e quella di Carlo Cecchi, accadeva lo stesso. È un testo che lo consente. Consente agli interpreti di indossare una maschera. Giuffrè segue questa strada ed è, oserei dire, più radicale: le maschere sono ridotte all'osso, consistono in una serie di nasi lunghi e grossi. Ma ad avere questi nasi non sono tutti; li hanno solo gli uomini, ovvero coloro che li rappresentano. Giuffrè ha il naso e non ha la voce, o ne ha poca: ma quanta espressione, quanto stile, che umana dolcezza conserva il suo personaggio, quel suo Paolino che al momento dei saluti, con una rapidità che è lo stigma della sua aristocrazia, si porta la mano prima al cuore e poi alla fronte. Alla testa non si può rinunciare, egli ci dice, ma il cuore viene prima.

 

Paolo Aguzzoni - Repubblica, 5 Dicembre. 2000

Si ride continuamente ne “L'uomo, la bestia e la virtù”, in certi passaggi si ride da star male, e anche se alla fine ci si accorge d'aver riso di noi stessi, ci si sente leggeri, e grati all'Autore di averci aiutato a non buttare sempre tutto sul tragico. E, infine, anche di averci impartito la grande lezione - filosofica - con cui abbiamo imparato che le lacrime del ridere hanno lo stesso sapore liberatore delle lacrime del pianto.

 

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